“Aveva dovuto promuovere 32 guerre e aveva dovuto violare tutti i suoi patti con la morte e rivoltarsi come un maiale nel letamaio della gloria, per scoprire con quasi quarant’anni di ritardo i privilegi della semplicità.” Così scrive García Marquez nel famoso romanzo Cent’anni di solitudine. Proprio su questa semplicità, così gratuita, lontana da qualsiasi aspirazione al profitto e motivata unicamente da un’autentica gioia, si fonda l’atto creativo che dà vita alla letteratura.
Nel primo articolo che ho pubblicato su Unversitarian, quasi due anni fa, ho parlato del ruolo di Baudelaire come ultimo poeta a cui sia stato riconosciuto il “mandato sociale”. Ritornando sul ruolo della letteratura e sulla sua inutilità, mi pare appropriato citare fin da subito questo brillante autore, il quale, con estrema fermezza, ha sostenuto che “Essere un uomo utile mi è sempre sembrata una cosa squallida”. Infatti nelle ultime annotazioni de Il mio cuore messo a nudo, Baudelaire si scaglia contro il commercio che viene addirittura definito satanico: il mondo che lo circonda, volto all’utilitarismo e al profitto, è un luogo in cui difficilmente la poesia e l’intimità riescono a trovare posto (“grazie al progresso di questi tempi, della tua interiorità ti resteranno soltanto le viscere!”).
Nel 2013, Nuccio Ordine, professore dell’Università della Calabria, ha pubblicato un vero e proprio manifesto, che lui stesso ha indicato con questo nome, per celebrare l’inutilità della letteratura: L’utilità dell’inutile. Trattandosi di un manifesto, non è certo un libro che possa contemplare mezze misure e i toni sono particolarmente provocatori e insistenti; tuttavia molte delle riflessioni che egli illustra risultano condivisibili (anche se forse non totalmente). Il professore celebra il ruolo della letteratura: all’interno di un mondo “fondato esclusivamente sulla necessità di pesare e misurare in base a criteri che privilegiano la quantitas [la letteratura] può invece assumere una funzione fondamentale, importantissima: proprio il suo essere immune da qualsiasi aspirazione al profitto potrebbe porsi, di per sé, come forma di resistenza agli egoismi del presente, come antidoto alla barbarie dell’utile che è arrivata perfino a corrompere le nostre relazioni sociali e i nostri affetti più intimi. La sua esistenza stessa, infatti, richiama l’attenzione sulla gratuità e sul disinteresse”.
Non è mia intenzione soffermarmi in uno sproloquio sulle leggi del profitto che governano o sembrano governare il mondo a noi contemporaneo, ma molto più semplicemente sottolineare che l’idea della letteratura, dell’arte, dei saperi umanistici, è sempre stata associata all’inutilità e questo carattere assolutamente gratuito della scrittura e della conoscenza è stato considerato motivo di estremo valore e importanza. Basti pensare a poeti come Petrarca, che disprezza la turba smarrita la quale vive esclusivamente per ammassare ricchezze (“Povera et nuda vai, Philosophia, / dice la turba al vil guadagno intesa”), e Leopardi, che si accanisce contro il “secol superbo e sciocco” e sa di vivere in un’epoca nemica ad ogni virtù, in cui l’ossessiva ricerca dell’utile ha finito per rendere inutile la vita stessa (in Il pensiero dominante) .
Non posso non sorridere leggendo le parole estremamente serie scritte dal giovane Gautier, che all’età di 23 anni sostiene, in Mademoiselle de Maupin, che “utile è brutto […] come il cesso” e si scandalizza che siano considerati folli coloro che osano prediligere Michelangelo all’”inventore della mostarda bianca”. In fondo, più di un secolo dopo, Battiato canterà, con altro tono e divertimento, “A Beethoven e Sinatra preferisco l’insalata / A Vivaldi l’uva passa che mi dà più calorie”.
Calvino, il cui saggio sul Perché leggere i classici è stato magistralmente propinato ad ogni sfortunato studente come guida nell’approccio alla letteratura, sosteneva che i libri non si leggono perché devono servire a qualcosa, ma solo per la gioia di leggerli, animati dal desiderio di conoscere il mondo e noi stessi.
Letteratura, filosofia, arte sono saperi inutili, nati da atti creativi che, se genuini, sono lontani dalla logica del profitto, proprio come ne è distante chiunque decida di studiarli. Persino Dickens, che pubblicava i propri romanzi a puntate sui giornali e di certo non disdegnava il guadagno che permetteva il suo sostentamento, si è sentito in dovere di criticare la filosofia per cui ogni cosa è destinata all’utile. In Tempi difficili, descrive una sorta di città-fabbrica, in cui tutte le persone sono uguali e fanno le stesse cose, dove ogni giorno pare identico al precedente; il protagonista si calerà nella mentalità del guadagno, che porta alla perdita di valori e umanità.
L’inutile, in realtà, può risultare estremamente utile. Il drammaturgo Eugène Ionesco, in una conferenza del 1961, ha riaffermato fino a che punto noi abbiamo bisogno dell’inutilità; senza di essa non comprenderemmo l’arte “e un paese dove non si comprende l’arte è un paese di schiavi o di robots, un paese di persone infelici, di persone che non ridono né sorridono, un paese senza spirito; dove non c’è umorismo, non c’è il riso, c’è la collera e l’odio”. Le persone indaffarate e ansiose sono le più inclini a lasciarsi trascinare da un fanatismo delirante, da una qualsiasi violenta passione collettiva: “ […] le più diverse rinocerontiti […] costituiscono minacce che pesano su un’umanità che non ha il tempo di riflettere, di ritornare in sé o in senno”.
In conclusione, dunque, i lussi ritenuti inutili possono essere utilissimi per contrastare la barbarie del presente che ci sta assediando e divorando, la povera meschinità in cui tutti gli uomini rischiano di cadere, l’istinto alla sopravvivenza prima che alla vita. Forse ha ragione Todorov a sostenere, citando Dostoevskij, che “la bellezza salverà il mondo”.
Federica Avagnano
In amicizia letto da Misia Zoccoli.
Ringrazio di cuore Arnaldo Mitola, le cui osservazioni sono state un importante spunto per la stesura di questo articolo, e Misia Zoccoli, con la quale ho continuato la discussione e che mi ha fornito molti elementi per un’ulteriore riflessione.
Bibliografia
Cioran, La superba inutilità, Sommario di decomposizione, Milano, Adelphi, 2012;
Cioran, Accenni di vertigine, Squartamento, Milano, Adelphi, 1981;
Gautier, Mademoiselle de Maupin, Milano, Garzanti, 2002;
Ionesco, Relazione per una riunione di scrittori, Febbraio 1961;
Ordine, L’utilità dell’inutile. Manifesto, Milano, Bompiani, 2013;
Todorov, La bellezza salverà il mondo. Wilde, Rilke, Cvetaeva, Milano, Garzanti, 2010;
Federica Avagnano, Cinque nomi di poeti – Il tramonto e la morte del ruolo sociale della poesia oggi: https://universitarianweb.com/2014/03/10/cinque-nomi-di-poeti-il-tramonto-e-la-notte-del-ruolo-sociale-della-poesia-oggi/