Questo articolo nasce come una sorta di relazione, se pur mediata dagli occhiali degli autori, del primo dibattito di Universitarian. Prendendo spunto dai metodi di discussione filosofica anglosassone abbiamo riflettuto sulla seguente questione: “è moralmente lecito che l’uomo mangi gli animali?”. Prima di cominciare è stata fatta una votazione per alzata di mano, per vedere quanti erano a favore di una risposta positiva e quanti a favore di una negativa. Ci siamo divisi in modo casuale in due squadre, e abbiamo assegnato le posizioni da sostenere tramite sorteggio. Il primo turno consisteva in una esposizione da parte di ciascuna squadra degli argomenti a favore della sua tesi. Dal secondo turno, ogni squadra cercava di criticare gli argomenti proposti dall’avversaria. Finita la discussione è stata fatta nuovamente una votazione per vedere, alla luce degli argomenti portati, se vi fossero stati cambiamenti di opinione.
Questo metodo di discussione è particolarmente stimolante. Infatti, il sorteggio iniziale, infatti, fa sì che i partecipanti si possano trovare a difendere posizioni opposte a quelle che personalmente sosterrebbero: è perciò un ottimo esercizio intellettuale. Molto interessante è notare che spesso, grazie a questa discussione, che potremmo chiamare “sovra-individuale”, l’opinione personale dei partecipanti cambi: il voto finale talvolta, può essere diverso rispetto a quello iniziale.
***
Dal punto di vista morale, si può sostenere la posizione che vieta di mangiare gli animali attraverso due prospettive di etica normativa: una deontologica e una utilitarista.
Dal punto di vista deontologico, si può sostenere che gli animali abbiano valore esattamente come l’uomo, in quanto sono “soggetti di una vita”: se riconosciamo all’essere umano il diritto alla vita in quanto egli è soggetto di una vita, parimenti occorrerebbe fare per gli animali. Tuttavia, pur non negando questo aspetto, molte correnti filosofiche, così come molte culture e religioni, distinguono fra vita animale e vita umana: l’uomo avrebbe una dignità superiore all’animale. Tale visione incorrerebbe nell’accusa di “specismo”, ossia di un atteggiamento – simile al sessismo e al razzismo – di ingiustificata discriminazione sulla base dell’appartenenza alla specie. Infatti, se non si riconosce agli animali il diritto alla vita, occorrerebbe allora chiarire come mai tale diritto è riconosciuto agli uomini (questione non oggetto del dibattimento).
Potrebbe però sorgere un’altra obiezione all’argomento deontologico, cioè quella dell’argomento cosiddetto “del piano inclinato”: sembra che se riconosciamo agli animali gli stessi diritti dell’uomo, allora si arriverebbe a dire che gli stessi doveri che abbiamo nei confronti di un bambino, li avremmo anche nei confronti di un cane e finanche nei confronti di una zanzara. E perché allora non dovremmo avere tali doveri morali anche nei confronti di un batterio? Contro questa conclusione, difficilmente accettabile, che esseri viventi come la zanzare e il batterio godano degli stessi diritti di un essere umano, si deve giustificare il perché un certo essere vivente dovrebbe godere di determinati diritti mentre un altro no. La soluzione deontologica non è perciò soddisfacente per risolvere la questione.
Da un punto di vista utilitaristico, cioè se poniamo come criterio del giusto il piacere, considerando giuste le azioni che tendono a massimizzarlo, nuovamente è possibile sostenere l’illegittimità morale del mangiare gli animali: infatti anche questi provano piacere e dolore. Nel bilancio totale di piacere (operazione che distingue ciò che è giusto da ciò che è sbagliato a seconda del piacere che l’azione produce) occorre dunque tenere conto anche dell’animale. Poiché l’animale come l’uomo prova piacere e dolore, si potrebbe sostenere che, nel bilancio, il piacere del primo conti quanto quello del secondo. Tutto ciò si presta comunque a serie difficoltà: tra il salvare un bambino o due cuccioli di cane, pochi sceglierebbero i cuccioli di cane, e sicuramente, se al posto dei due cuccioli di cane, vi fossero due giovani zanzare, sembra ancora più difficile immaginare che qualcuno salverebbe queste piuttosto che il bambino. A questo punto, però, rimane il problema di capire in base a cosa il piacere dell’animale viene valutato meno del piacere dell’uomo nel bilancio.
Tuttavia, ai fini della nostra questione, possiamo ragionare anche se accettiamo che nel bilancio del piacere quello dell’animale non viene valutato quanto quello dell’uomo. Infatti, che sia valutato pari o inferiore a quello dell’uomo, il problema non cambia: stiamo infliggendo all’animale una sofferenza evitabile o necessaria per la sopravvivenza di noi uomini? Possiamo sostenere che l’uomo ha un bisogno fisiologico di carne per la sua sopravvivenza. Se quindi fossero sul piatto della bilancia da una parte la sopravvivenza dell’uomo, dall’altra la possibilità di mangiare animali, difficilmente qualcuno potrebbe sostenere l’illegittimità di poter mangiare animali: anche nel caso in cui il piacere dell’animale sia valutato quanto quello dell’uomo, abbiamo visto che in casi limite in cui è in gioco la sopravvivenza dell’uomo la bilancia pende a sfavore dell’animale. Tuttavia, c’è chi sostiene un’equilibrata dieta vegetariana possa sostituire la carne. Considerato ciò non vi sono dubbi: una prospettiva etica utilitaristica imporrebbe il piccolo dispiacere di non poter mangiare una bistecca a favore del grande piacere dell’animale di essere lasciato in vita (fatte salve le specifiche necessità di alcune patologie che impongono la consumazione di carne). Questa sembra essere la questione centrale e dirimente del problema, tuttavia non abbiamo le competenze per risolvere la questione della effettiva sostituibilità della dieta carnivora con quella vegetariana.
Altre considerazioni che possono essere rilevanti per una prospettiva utilitaristica riguardano le conseguenze a livello ambientale. Infatti, gli allevamenti intensivi di animali hanno causato gravissimi danni all’ambiente, principalmente a causa delle quantità di esalazioni tossiche degli animali allevati e alla destinazioni di enormi quantità di terreni potenzialmente coltivabili al pascolo degli animali, il che ha portato a gravi squilibri e ha sollevato varie perplessità riguardo alla sostenibilità del sistema alimentare globale e all’allocazione delle risorse del pianeta.
Tuttavia queste argomentazioni non sembrano essere determinanti per la nostra questione: non riescono a dimostrare l’illiceità morale del consumo di carne animale, ma forniscono solo argomenti contro le scelte amministrative, economiche e politiche riguardo al settore alimentare, imponendo un diverso quesito morale. Queste considerazioni servirebbero a far pendere maggiormente la bilancia a favore della dieta vegetariana se si dimostrasse l’argomento della sostituibilità effettiva della dieta carnivora con questa. Inoltre, riguardo alla questione specifica della sostenibilità del regime alimentare e all’allocazione delle risorse del pianeta, si potrebbe forse osservare che, pur riconoscendo che è la produzione di carni è meno efficiente rispetto alla quantità di prodotti agricoli per uno stesso ammontare di risorse impiegate, non tutti i territori sono atti all’agricoltura ma possono essere usati per l’allevamento e che non tutti gli uomini possono vivere unicamente di agricoltura a causa della precarietà e l’essere soggetto dei campi alle devastazioni climatiche (siccità, piogge etc.).
In conclusione, sembra, anzitutto, essere moralmente lecito mangiare gli animali nel caso ne vada di mezzo la propria vita. Abbiamo compreso che l’unico argomento determinante a favore dell’illiceità morale del mangiare animali sembra essere quello della sostituibilità della dieta carnivora con una dieta vegetariana. L’impossibilità di risolvere questa questione, ci porta a concludere che è moralmente lecito mangiare gli animali, ma abbiamo dall’altra parte il dovere di non mangiare gli animali il più possibile limitatamente alla nostra necessità fisiologica, trattando inoltre gli animali nel modo migliore possibile finché non vengano uccisi.
Arnaldo Mitola e Beniamino Peruzzi
Con amicizia letto da Misia Zoccoli