In questo agile elaborato vorrei trattare di alcuni aspetti dell’ io-persona e della corporeità dell’uomo attraverso gli occhiali di Joseph de Finance. In primis, mi occuperò della concezione di “avere” del filosofo, preliminare alla questione: “Per ridurre veramente la distanza ontologica fra l’altro e me, non basta che mi ci avvicini localmente e neppure che lo percorra: bisogna che questo altro, questo aliud, con la sua sostanziale ricchezza, le sue qualità, le sue energie, divenga un’estensione di me stesso. […] Non si tratta di distruggerlo assorbendolo, ma di conservarlo appropriandomene. La relazione così creata è quella dell’avere”.
Il punto di partenza del filosofo è linguistico: egli argomenta sul significato di “appartenenza” e sui vari modi di esprimere questo concetto a partire dalla lingua madre dell’autore, il francese, e dal latino. Da questo punto di vista, è rilevante la distinzione fra “de” (“du” francese) e “ad” (“à” francese). Nel primo caso, con la frase “prendo una parte del (du) dolce”, si arriva a far coincidere il senso locale, partitivo e d’appartenenza: “prima di essere tagliata, la fetta possedeva l’essere. […] Faceva parte del dolce, era del (du) dolce, ma non era il dolce”. L’ad latino presenta una diversa sfumatura: è il dativo di possesso, l’essere-a me, concetti che implicano un’orientazione dell’oggetto verso la persona, una relazione teleologica, di “utensilità” (Zeughaftigkeit, Heidegger): “l’altro aiuta a realizzarmi e lo può solo restando se stesso”.
Tenendo bene a mente questa distinzione, il padre gesuita si concentra fra il rapporto fra “suo” e “sé”. A quanto mi è dato di capire, bisogna distinguere fra due modi di “avere”, in senso pieno, o nel senso ordinario della parola: “così il ‘suo’ e conseguentemente l’ ‘avere’ [in senso pieno] si riferiscono ad un essere capace di riflettere, di possedersi, di prendersi in mano, ad un essere presente a sé, che dispone di sé […] L’avere, nel senso ordinario della parola, è un prolungamento nell’aliud di questo ‘avere’ primordiale, che è il nostro modo di essere. […] Il mio, abbiamo detto, è a metà strada tra lo stesso (io-stesso) e l’altro”.
Fatta una distinzione fra avere come “modo d’essere” e avere in senso ordinario, possiamo concentrarci brevemente sulla relazione fra persona e corpo, basandosi, come de Finance, sulla formula di Marleau-Ponty del “corpo soggetto”. “Piuttosto che soggetto, il corpo è del soggetto: non si identifica puramente e semplicemente in lui”: il filosofo sostiene che il corpo si inserisce in una posizione intermedia fra avere ed essere perché il proprio avere primordiale non è il corpo, ma è il “nostro io”, ossia il libero arbitrio, l’authexousios, una libertà finta per cui ci si determina e si è padroni di sé.
A mio parere, la riflessione di de Finance è di precipua importanza per quanto concerne l’inquadramento antropologico della persona umana in una prospettiva duale e non dualista del rapporto fra anima e corpo: il corpo è distinto dall’anima e non esaurisce la persona umana, ma non è neanche estrinseco allo spirito (l’anima non è celata dal “soperchio della propria carne” Michelangelo, Rima 152). Da questo punto di vista, l’unità della persona umana non è un momento secondario di un processo di composizione, ma, riprendendo quanto scritto da Ramon Lucas Lucas, la prospettiva antropologica è quella dello “spirito incarnato”. Non vi è una distanza ontologica sufficiente fra corpo ed io per sostenere l’esistenza di un rapporto di possesso e disposizione nel senso comune dei due termini.
Concludo con una citazione da L’uomo spirito incarnato di Lucas Lucas: “Lo spirito, nell’uomo, diviene anima, cioè spirito informatore della materia; la materia, a sua volta, diviene corpo, cioè materia informata di spirito. Il binomio anima-corpo non definisce la contrapposizione di due realtà complete e distinte, ma la mutua inter-penetrazione di una e dell’altra nella composizione dell’unica realtà-uomo” (Fiorenza-Metz).
Arnaldo Mitola
Un ringraziamento al Prof. Lucas Lucas
Con amicizia letto da Federica Avagnano e Ferruccio Botto
Riferimenti
Michelangelo Buonarroti, Rime, Garzanti, Milano, 2006
Joseph de Finance, A tu per tu con l’altro. Saggio sull’alterità, PUG, Roma, 2004, pp. 83-89
Ramon Lucas Lucas, L’uomo spirito incarnato, San Paolo, Milano, 1993
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