Mi permetto due dritte come vademecum per le matricole: attenti alla trappola del successo e dell’individualismo. E sorridete sempre a chi ha la fortuna di starvi accanto.
È da poco reiniziato l’anno accademico all’università e, sarà perché questo blog si chiama Universitarian, ho pensato in quanto direttore di condividere con voi alcune riflessioni ed immagini per cominciare questa nuova esperienza col piede giusto Mi rivolgerò quindi direttamente a voi, nuove matricole. Mi scuso per la voluta disorganicità dell’elaborato. Procederò per immagini. Come base prenderò un mio articolo che ho scritto per un giornale di facoltà, Madama Luiss, cui, per altro, ho consentito a malincuore di modificarne la sostanza. Non ripeterò più questo errore: meglio scrivere altro che consentire alla pubblicazione di qualcosa che, pur condivisibile e magari migliore, non si sente autenticamente proprio. Ma si cresce insieme proprio per questo. Torniamo a noi.
Per la verità, quest’anno sono stato di nuovo matricola anche io: l’Erasmus a Stoccolma mi ha fatto tornare indietro nel tempo. Fra le mani mi sono passate al solito una miriade di gadget, penne, borse, volantini, borracce e, udite udite, anche dei preservativi. Un interessante kit di benvenuto. Culture diverse. Personalmente lo conservo nel cassetto dei ricordi. Detto questo, propongo un momento di riflessione sul mondo dell’università, come piccola sosta nel marasma di attività e nuove conoscenze che ubriacano i nuovi studenti – io almeno provai una sensazione similare appena arrivato in LUISS e qui a Stoccolma. L’entusiasmo della novità.
Per cominciare, una statistica: secondo l’Academic ranking of world universities di Shanghai, le università italiane partono dalla 151esima posizione. Anche se alcune università non vi partecipano, come LUISS e Bocconi, non sarei comunque più ottimista. Niente è comprensibile come un numero, direbbe Simone Weil, pertanto sempre diffidarne. Anche provandoci, però, è evidente come il nostro sistema accademico non venga considerato particolarmente competitivo a livello internazionale. Parametri di efficienza: anche l’istruzione non è esente dalle logiche capitalistiche della nostra società, non che sia necessariamente un male. Però, a mio modestissimo avviso, forse bisognerebbero trovare altri paradigmi di valutazione. Magari emergeranno nel corso dell’articolo.
Perché siamo all’università? «Per studiare», verrebbe subito da rispondere. Vero, ma parziale. Negli atenei si fa tanto altro, dallo sport all’associazionismo: con uno slogan potrei dire che in università si cresce professionalmente e come uomini. Io sono profondamente convinto che lo sviluppo autentico di un individuo richieda un contesto caratterizzato da socialità, anche conflittuale. Detto con più garbo, l’uomo è un ente ontologicamente relazionale.
Da un punto di vista accademico il sistema italiano spesso non aiuta. Mi chiedo: per arrivare al risultato preposto che cosa occorre fare? Ripetere al docente quanto scritto su un libro o detto a lezione. Si spiega la ragion d’essere delle università online, ma in tanti atenei non si spiega l’obbligo di frequenza. Spersonalizzando l’insegnamento, una registrazione audio è più che sufficiente. Che io studi con Bernardo Paci o con Maria Elena Sandalli, dal punto di vista della struttura del sistema, è indifferente. Ma cosa rimane di ciò che studiamo se non siamo coinvolti? Per provare un immagine: è come sapere a memoria tutta la Divina Commedia senza sentirla. Per il nostro sistema indifferente.
Forse bisognerebbe riflettere sul fatto che a lezione tendenzialmente tutti abbiamo un rapporto verticale e top down unicamente col professore. Sono poche le eccezioni qui in Italia: l’individualismo della nostra cultura si riflette anche da un punto di vista sistemico nell’insegnamento. Non era così, paradossalmente, nell’età buia del Medioevo, non è così, spesso, all’estero, dove si è costretti – e per fortuna – a lavorare e a relazionarsi con chi ci sta vicino ed a prendere parte attivamente alla formazione dei propri colleghi. Saperi intrecciati.
Un esempio. Vi regalo un’immagine – tratta dall’Iconomica di Corrado di Megenberg – donatami in un altro articolo di Universitarian (v. sotto) da un amico e collega, Beniamino Peruzzi, che studia Filosofia a Pavia: per me è molto rilevante chi ho il piacere di frequentare per sviluppare la mia persona. Ecco la suggestione: è dal rapporto amoroso fra il maestro e il sapere che nascono i figli, gli studenti, i quali diventano anch’essi maestri una volta sposati col sapere al momento della laurea. Mi colpisce che il motore dell’università medievale, almeno come cornice culturale, fosse l’amore: verso la scienza, certo, ma l’amicizia (philía) era anche col maestro e fra studenti.
Quindi grazie, Pier Luigi Celli. Per chi non sapesse chi sia, è stato Direttore Generale della LUISS. Ho avuto la fortuna di conoscerlo, anche se superficialmente. Come? Aveva l’abitudine di organizzare ogni settimana una colazione con i suoi studenti. Non che voglia tesserne le lodi, ma in ogni caso è una figura che mi ha colpito molto. Concludo proprio con una sua citazione, che considero fondante per Universitarian e che spero possa accompagnarvi nel vostro cammino: «Senso condiviso, capacità di interpretare i fenomeni, e voglia di provarci, possibilmente insieme. Una sfida appunto. Di quelle che danno anima, e rendono soddisfatti anche se la prospettiva, oggi più probabile, è ancora quella della sconfitta». Io non ho paura.
La classe dirigente del domani, politici, impiegati, avvocati, operai o professori, sono gli studenti e i ragazzi di oggi. Quello che saremo affonda le radici in ciò che decidiamo di essere nel presente. Ed è proprio in quanto amici che ne siamo reciprocamente responsabili.
Arnaldo Mitola
Un ringraziamento a Pier Luigi Celli
Bibliografia
CELLI P. L., Alma Matrigna, Imprimatur, Reggio Emilia, 2013
http://www.shanghairanking.com/World-University-Rankings-2014/Italy.html
https://universitarianweb.com/2014/06/25/universita-la-casa-degli-sposi-di-sapienza/