Il lettore ideale e il grande Altro – Lacan tra psicologia e letteratura

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Siamo nell’epoca in cui la psicanalisi tutta è rigettata: è del 2005 la pubblicazione del Libro nero della psicanalisi sulla scia del successo del genere, diffusosi a partire dalla fine del secolo, principe naturalmente il Libro nero del comunismo del ’97 (tanto che sarebbe interessante prima o poi dedicarsi alla composizione d’un Libro nero dei libri neri); non è certo questa la sede per contrastare una simile tendenza universale, onere gravoso del resto già assunto da autori ben più degni in contesti ben più ampi.

Qui ci si limita invece a recuperare uno dei concetti fondamentali della psicologia lacaniana, quello di grande Altro; di difficile definizione – Lacan ne fornisce numerose versioni, raramente riducibili l’una all’altra – mi permetto di adoperare quella divulgativa che fornisce il professor Mauro Carbone nella sua introduzione alla prima ed attualmente unica edizione italiana del testo Leggere Lacan di Slavoj Žižek: “quell’agire impersonale, culturalmente costruito, il cui sguardo cerchiamo da un lato di impressionare con il nostro comportamento e dall’altro di assumere come parametro in base al quale misurarci; detto altrimenti: la regola non scritta che governa la società, il costante riferimento a un Altro virtuale ma sempre presente e pronto a sincerarsi che lo svolgersi delle nostre azioni sia conforme alle sue aspettative”. Più tecnicamente si parlerebbe di “ordine simbolico virtuale” o, in termini teoretici, di quella pratica senza soggetto che ciascuno costantemente si pone: da una parte (soggettiva) come soggetto virtuale (altro)  deputato al controllo morale, dall’altra (oggettiva) come idea regolativa della soggettività e delle pratiche ad essa inerenti; in termini di vita quotidiana, si potrebbe dire che esso ci si manifesta definitamente nei suoi effetti quando agiamo non osservati come se fossimo osservati, che tale “sentimento” sia consciamente identificato (sempre che sia consciamente percepito) con l’occhio di Dio, con un qualche ideale ipostatizzato all’uopo, con lo sguardo virtuale della morale sociale (“Cosa penserebbero gli altri se mi vedessero adesso?”); in tal senso, cos’altro significa quel famoso motto senecano della venticinquesima epistola a Lucilio: “È molto meglio vivere come se si fosse sempre sotto gli occhi di un uomo virtuoso; ma se tu agisci come se ti osservasse uno qualsiasi, mi basta [corsivo mio]”, se non “Vivi sentendoti osservato dal grande Altro”?

Proviamo a trasportare questo concetto nell’ambito della semiotica della ricezione letteraria, pensando alla nozione di “lettore modello”, o “lettore implicito” (“ideale Leser”): ossia, il lettore ideale, posto dall’autore, cui l’autore stesso previamente conforma la propria esposizione. Anche in questo caso abbiamo una duplice declinazione, soggettiva ed oggettiva: il lettore ideale funge sia da soggetto virtuale deputato al “controllo morale” della letteratura (“Cosa penserebbe il lettore se scrivessi questo?”), sia da idea regolativa della comunicazione letteraria (“Scrivo questo in questo modo affinché il lettore capisca in quest’altro modo”). Inutile sottolineare che il lettore ideale empiricamente non esiste, ovvero esiste solo nella misura in cui è posto costantemente dall’autore in quanto autore di un certo testo (infatti esso può variare, permanendo l’autore, al variare del testo); esattamente come empiricamente non esiste alcun grande Altro (“il n’y a pas de grand Autre” scrive lo stesso Lacan), ma risulta in essere unicamente in quanto costantemente posto da ciascun soggetto come presupposto e fine del proprio agire. Certo, una simile identità non si può oggi portare fino in fondo: infatti, laddove il grande Altro è posto sempre come condizione di ogni agire di ogni soggetto, il lettore ideale è posto solo dall’autore, limitatamente a tale ruolo (l’autore in quanto uomo non agisce ponendosi un lettore ideale) e limitatamente a un certo testo, poiché nulla gli impedisce di mutare il proprio riferimento virtuale al mutare del libro che si va scrivendo, anzi, spesso avviene proprio il contrario.

Lo storico Paul Veyne ci offre tuttavia un ottimo esempio che permetterà di chiarificare ulteriormente le consonanze tra i due concetti: nel suo saggio Esisteva una classe media in quei tempi lontani? egli tenta (a mio modesto avviso con successo) di dimostrare, a partire dalle fonti letterarie, archeologiche ed epigrafiche della Roma antica, proprio l’esistenza, in quel tempo, d’una classe media (“plebs media”, come la nomina esplicitamente Plinio il Vecchio contrapponendola alla “plebs humilis”) tutt’altro che trascurabile, sia quanto all’entità, sia quanto alla sua autocoscienza come classe; per le argomentazioni recate a favore di tale tesi rimando al saggio medesimo. Quanto qui ci interessa è che proprio questa classe media rappresenta il “romano tout court”, l’uomo comune, quel lettore implicito cui sembra rivolgersi pressoché la totalità degli scrittori pagani, piuttosto che ai (probabili colleghi) senatori e cavalieri, sempre trattati come “altri” nei testi, e che alla gran massa degli umili (che d’altronde, anche volendo, in genere sapevano a malapena scrivere il proprio nome) e degli schiavi: ecco allora un esempio di lettore ideale, che potremmo dire, quanto all’estensione, pressoché coincidente con il grande Altro dell’epoca, che permane per più secoli, attraverso differenti autori e differenti testi.

Anche prescindendo, comunque, da questo esempio specifico, le conclusioni minime che possiamo trarre sono perlomeno due: la prima è che il lettore ideale non sia altro che un’incarnazione particolare del grande Altro universale, e che l’esser posto di entrambi avvenga secondo meccaniche, se non identiche, analoghe, lo studio delle quali potrebbe rappresentare un interessante campo d’indagine interdisciplinare; la seconda è che forse, in fondo, la psicanalisi non è proprio tutta da buttar via.

Bernardo Paci

Bibliografia

LACAN J., Il seminario. Libro V. Le formazioni dell’inconscio, 1957-58, Torino, Einaudi, 2004

LACAN J., Il seminario. Libro VII. L’etica della psicanalisi, 1959-60, Torino, Einaudi, 2008

PLINIO IL VECCHIO, Storia naturale (vol. III, parte II, libro XXVI), Torino, Einaudi, 1985

SENECA, Lettere a Lucilio, Torino, Utet, 1995

VEYNE P., Esisteva una classe media in quei tempi lontani? in L’impero greco-romano. Le radici del mondo globale, Milano, Bur Rizzoli, 2010

ŽIŽEK S., Leggere Lacan, Torino, Bollati Boringhieri, 2009

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