Nonostante sia già stato sperimentato in molti paesi in via di sviluppo (primo fra tutti il Bangladesh), e persino in Italia sia stato istituito nel 2006 il Comitato nazionale italiano permanente per il microcredito con il decreto-legge 10 gennaio 2006, il microcredito è un fenomeno ancora sconosciuto, quasi considerato inferiore rispetto al resto della letteratura economica contemporanea e non riconosciuto a pieno dalla comunità internazionale.
Per iniziare, il microcredito è uno strumento di sviluppo economico che permette di concedere piccoli prestiti a persone in condizioni svantaggiate, per esempio sotto la soglia di povertà o emarginate dal punto di vista sociale o colpite da gravi catastrofi naturali. L’elemento che lo contraddistingue rispetto al sistema creditizio tradizionale è il cercare di superare un grande paradosso: richiedere delle garanzie prima di concedere un prestito. Sicuramente la banca in qualche modo deve cercare di tutelarsi da perdite economiche sostanziose, ed è proprio per tale ragione che si assicura che, se anche l’idea del suo cliente non avesse alcun ritorno in termini economici, essa possa in ogni caso ottenere il suo rimborso. La banca, quindi, per ottenere comunque i suoi guadagni, chiede delle garanzie. Tali garanzie consistono principalmente in beni di proprietà di cui essa diventerebbe proprietaria in caso di inadempienza del cliente.
Tutto ciò parrebbe in un primo momento “cosa buona e giusta”, e anche piuttosto funzionale, ma si pone un grande problema: a chi potrebbe rivolgersi una persona che non ha nulla e che a maggior ragione necessita di un prestito? Proprio qui si trova la grande pecca del sistema creditizio tradizionale: per avere un prestito è necessario dimostrare di possedere già qualcosa, ma se si possiede già qualcosa non si ha così bisogno di soldi come coloro che non hanno niente. Sembra quasi che più poveri si è meno possibilità di migliorare la propria condizione si ha, mentre più ricchi si è più è semplice avere altri soldi. Andando avanti così, il grande gapfra i “miliardari” e i nulla possidenti non potrà che aumentare esponenzialmente portando con sé gravi problemi sociali e umani. E’ vero che non si può domandare ad una banca tradizionale di rinunciare ai suoi profitti, anche perché a quel punto ci sarebbero altri tipi di squilibri, ma si potrebbe tentare di affiancare il “vecchio” sistema creditizio con uno più accessibile per coloro che sono in seria difficoltà sociale ed economico-finanziaria.
L’idea del microcredito nasce proprio da tale stimolo: lo scopo di quest’ultimo, infatti, non è avere la sicurezza di rimborsi e di alti interessi che portano ad alti profitti della banca, ma concedere prestiti a coloro che ne hanno veramente bisogno. In questo caso si tratta di somme minime di denaro: il più delle volte circa dieci dollari, con i quali un’intera famiglia riesce a migliorare la propria situazione. Tali somme di denaro dovrebbero servire a finanziare, in termini di capitale iniziale, un’attività che poi sia remunerativa e permetta alle persone di sopravvivere grazie a questa e avere un tale ritorno economico da restituire il piccolo prestito. La concretizzazione del detto cinese “Non dare i pesci, insegna a pescare così che ognuno sia in grado di procurarseli autonomamente”. Spesso, infatti, nei paesi in via di sviluppo vivono persone che hanno potenziali idee che sarebbero destinate a rimanere tali a causa della mancanza di pochi dollari. Il microcredito lotta proprio per interrompere questa storpiatura del sistema: prestare pochi soldi in questi casi significa dare la possibilità di far partire attività dal nulla, di rendere concreta un’idea, di attuare un potenziale.
Anche se il problema della non restituzione dei prestiti in tale ottica sarebbe comunque marginale, non si è neppure presentato: nonostante non avessero alcuna garanzia di rimborso, in realtà la percentuale di fruitori del sistema di microcredito che non hanno restituito la somma ricevuta è stata molto più bassa di quella di un sistema tradizionale pieno di garanzie. Tale fattore ha un solo ed inequivocabile significato: quando si dà fiducia alle persone, queste si sentono più in debito e più volenterose di restituire un prestito rispetto a quando sono semplicemente ricattate da un foglio di carta.
La prima esperienza di microcredito si è svolta in Bangladesh per merito di Muhammad Yunus, economista e banchiere bengalese che per tale ragione ha vinto il premio Nobel per la pace nel 2006. Egli, oltre a gettare le basi teoriche per questa “rivoluzione” economica, ha fondato la Grameen Bank, un istituto di credito indipendente che pratica il microcredito. Dopo la laurea in Bangladesh e il dottorato negli Stati Uniti, è diventato professore di economia nella sua città di origine Chittagong (Bangladesh), dove ha avuto la possibilità di essere a stretto contatto con una realtà molto difficile. Egli è partito da una grande frustrazione: come poteva la teoria economica studiata per tanti anni non rispecchiare la vita reale che aveva intorno? Dal Banchiere dei Poveri, scritto da Yunus stesso: “Nell’intento di fornire un punto di vista più globale, le università tradizionali avevano frapposto un’enorme distanza tra gli studenti e la realtà. Quando pensiamo di poter tenere il mondo in una mano, e lo guardiamo dall’alto, tendiamo a diventare arroganti, dimenticando che a distanza le cose appaiono sfocate. Finiamo quindi per immaginare, piuttosto che vedere realmente”.
Come potevano tutti quei numeri che aveva imparato così meticolosamente impedire a milioni di persone di vivere? Il problema, come scrive Yunus stesso, era un problema di strutture, non di persone. Yunus iniziò quindi il suo nuovo progetto andando di casa in casa a parlare con i “poveri” cercando in tali conversazioni un inizio di soluzione alla questione. Fu proprio in questa fase che capì il problema delle garanzie richieste dalle banche, che non solo escludeva i poveri dalla possibilità di ricevere prestiti, ma li gettava nelle braccia degli usurai. Dal Banchiere dei Poveri: “In ogni società esistono gli usurai. E finché i poveri soggiaceranno alla schiavitù dell’usura, nessun programma economico potrà arrestarne il processo di alienazione.”
Cercando una soluzione, ebbe l’idea di riunire un gruppo di donne della città di Jobra, vicino a Chittagong. Queste, produttrici di ceste e mobili di bambù, erano soggiogate dai venditori delle materie prime (in prevalenza bambù). Dal momento che esse non avevano soldi per pagare il bambù che compravano, i venditori avevano un grande potere su di loro: le obbligavano a rivendere a loro i prodotti finiti ad un prezzo da loro stessi stabilito. Ciò portava a margini di guadagno molto bassi, se non nulli: infatti, la somma guadagnata era di poco superiore a quella che poi doveva essere rimborsata per il bambù. Era un circolo vizioso: infatti, non c’era altro modo per le donne per ottenere il bambù da lavorare, visto che le banche non avrebbero mai concesso dei prestiti a donne nullatenenti. Dopo una serie di interviste mirate riguardo questo meccanismo, Yunus selezionò un gruppo specifico di donne che vivessero tale sopraffazione e, spiegato loro il sistema del microcredito, avviò l’operazione di microcredito iniziando con una somma minima di denaro (circa 27 dollari). Con tale somma le donne riuscirono ad emanciparsi comprando il bambù in modo indipendente e a rivendere i prodotti finiti inserendoli in mercati concorrenziali, in cui la maggior quantità di domanda permise loro di aumentarne il prezzo riuscendo così non solo a coprire i costi dell’attività, ma anche a sostentarsi e mettere da parte una minima cifra per eventuali spese (fra le quali la restituzione del debito e i, seppur bassi, onnipresenti interessi).
Dopo aver portato a termine tale esperimento, Yunus ne condusse molti altri in tutta la città arrivando a fondare la sopracitata Grameen Bank, che si occupa proprio di microcredito. Queste operazioni furono attuate facendo sempre leva sulle donne, che fino a quel momento invece erano state escluse dalle decisioni di economia familiare, poiché ritenute più affidabili, diligenti e precise. Ciò dimostra l’importanza del progetto di Yunus non solo a livello economico ma anche a livello sociale come stimolo ad una profonda emancipazione delle donne bengalesi.
Tale esperienza ha reso evidente il fatto che niente è stabilito da un macrosistema a priori. Infatti, al giorno d’oggi ci sono infiniti strumenti matematici e finanziari conosciuti dagli studiosi che, se opportunamente manovrati e interpretati in una nuova ottica, riescono a migliorare le vite di tanti e aiutare una più equa distribuzione della ricchezza e delle risorse. Al momento molti cambiamenti possono essere effettuati, si tratta solo di adottare un punto di vista differente.
Olivia Masi
Bibliografia
BERNHEIM e WHINSTON, Microeconomia, McGraw-Hill
CASSOLA B., Il microcredito delle BCC. Buone pratiche, strumenti, processi
YUNUS M., Il banchiere dei poveri, Feltrinelli, 1998
YUNUS M., Un mondo senza povertà, Feltrinelli, 2008