La vita nascosta

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O Nina, Nina, triste contadina,

Muta cammini fra tanto dolore

Pensando al figlio lasciato nel fieno,

Piangendo il bimbo strappato al tuo seno

Che crescerà solo senza il tuo amore.

Ancora è notte ma presto è mattina.

***

Dolce fanciulla fingeviti sposa

Spesso adornandoti con una rosa

Verrà – ti dicevi – il principe azzurro

Pregavi al vento il tuo lieto sussurro.

Crescevi bella, gioiosa e ridente

Parevi un angelo chiaro e splendente.

***

L’età non diede ragione al tuo cuore;

Spesso la vita non è per i sogni

E troppo presto il tuo pure finito

Lasciava spazio al pesante grigiore

Del quotidiano con tanti bisogni.

Così tua madre ti scelse un marito.

***

Paiono i soldi all’ingenuo un riparo

Pur se son pochi, se costano pena

E la tua mamma privata d’un faro

Ti franse al canto di quella sirena.

***

Dentro te ruppe il virgineo fiore

Cieco e bestiale quel madido ardore

Di chi no – Non ti amava – o infelice

E d’un erede fu subito sazio

Ripromettendo un terribile dazio

A chi ancor pur se da lui concepito

Al mondo fosse di qua partorito.

***

Intanto bruna la veste più corta

Male la piena tua luna occultava;

Per la paura tu quasi eri morta

Mentre la vita nel ventre scalciava

***

Così una notte fuggisti per l’orto

E raggiungesti un fienile dal bosco

Lontan dagli occhi dell’uomo tuo losco

Là fra gli attrezzi a guardarti di storto.

***

E quella sera era ricca di stelle

Bianche e silenti lassù sentinelle.

Ruppe il silenzio il travaglio sudato:

Là fra la paglia il tuo bimbo era nato!

***

E dopo averlo alla meglio fasciato

Il primo latte da te gli fu dato

Addormentato lo avesti lasciato

Senza saperlo lo avevi salvato

***

Fra la rugiada passasti segnata

Peso minore era il sangue versato

Del triste gesto a cui fosti obbligata

Mai più il suo capo tu avresti baciato!

***

Intanto il Sole sorgeva di schiena

Tu pascolavi lanosi gli armenti

Lacrime amare stringevi fra i denti

Perché nessuno notasse la pena

***

Ma intanto forte invocavi il Signore

Che ti prendesse ma che risparmiasse

Il tuo pulcino dal freddo torpore:

Era quel mese in cui l’erbe son basse!

***

Passò di là quel giorno il Buon Pastore

Ed Egli udì dell’innocente il pianto

Senza esitare si trasse d’accanto

Per fargli forza col vivo calore

***

Di quell’ignoto fratello il vagito

Il santo giovin placò con il canto

Per riscaldarlo si tolse il suo manto

Volle il paese al più presto avvertito.

***

Con vanga intanto era giunto il maggiore

Pietoso ufficio credendo di dare

Salvo sapendolo, prone a lodare

Cadde in ginocchio lassù il Redentore.

***

Così fu noto da chi fosse nato

Presto i gendarmi raggiunsero il prato

Fra le lor braccia cadesti svenuta

La confessione l’avevano avuta

***

Pesanti i ceppi provasti in prigione

Passò l’estate fra tanta afflizione

Ma ringraziavi il celeste sostegno

Ed il tuo capo chinavi per pegno.

***

Ora le foglie tu vedi cadere

O Nina, Nina povera contadina

Stanca e malata ti metti a sedere

Ma sei felice ché presto è mattina

***

E diverrà forte il pargolo ambito

Ringrazi il cielo che ti ha compatito

Che parli il mondo, che ti maledica

Ora la rondine chiamati amica.

***

Ti dice che libera dovrai volare

Fra lievi nubi potrai riposare

Tu non vedrai finire l’inverno

Ma già pagasti: per altri è l’inferno!

Samuele Crosetti

Con amicizia letto da Arnaldo Mitola

 

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