Nelle economie capitalistiche, come quella del mondo occidentale (e non solo) di oggi, un ruolo centrale è svolto dal mercato, inteso come “spazio” in cui domanda (insieme di tutti i consumatori) e offerta (insieme di tutti i venditori) si incontrano. I mercati possono distinguersi in cinque tipi: concorrenza perfetta, oligopolio, monopolio, concorrenza monopolistica e selezione competitiva.
Il mercato di concorrenza perfetta è un mercato in cui agiscono moltissime imprese di piccole dimensioni. Fra le varie ipotesi del modello, si assume che queste, essendo in numero elevato e non di grandi dimensioni, non abbiano la possibilità di utilizzare le proprie scelte strategiche per avere un impatto su quelle degli altri operatori economici. In tale contesto, le imprese sono dette price takers per esprimere il fatto che nessuna di loro è in grado di dominare il mercato a tal punto da influenzare il prezzo dei beni e servizi offerti cambiandone la quantità prodotta. In questo tipo di modello, si assume che i prodotti siano omogenei, cioè considerati dai consumatori come perfetti sostituti. Il che significa che non ci sono differenze nel modo in cui i consumatori percepiscono di poter soddisfare un bisogno specifico utilizzando il prodotto A piuttosto che il prodotto B e che il beneficio ottenuto dal consumo è lo stesso.
Altre ipotesi sono poi che le imprese siano dotate tutte della stessa tecnologia e conoscenza e che ci sia una situazione di informazione per cui i consumatori siano perfettamente informati sui prezzi applicati dai vari operatori economici. L’ultima ipotesi del mercato di concorrenza perfetta è che non siano presenti barriere all’entrata o all’uscita del mercato: ogni impresa è quindi pienamente libera di entrare in un settore in cui è possibile ottenere profitti positivi e di uscire da qualunque altro provochi delle perdite. Infatti, si considera che siano possibili nuove entrate in ogni mercato in cui i profitti sono strettamente maggiori di zero, che il numero delle imprese rimanga stabile laddove i profitti sono pari a zero ed invece che le imprese escano da quei mercati in cui i profitti sono strettamente negativi (sono cioè presenti delle perdite).
Un modello simile alla concorrenza perfetta è quello di selezione competitiva, che riprende le assunzioni di elevato numero di imprese sul mercato che agiscono come price takers, di prodotti omogenei e di informazione perfetta. Tale modello differisce, però, da quello di concorrenza perfetta, in quanto ipotizza che le imprese abbiano un costo irrecuperabile all’inizio della loro attività e che le loro conoscenze tecnologiche e quindi i livelli di efficienza (di cui si assume non sappiano il livello preciso fino a che non si presentano sul mercato) sono diversi. Perciò, ogni impresa ha una propria funzione di costi di produzione e decide il livello di produzione in base al suo livello di efficienza. Nel lungo periodo, le imprese più efficienti producono sempre di più diventando più grandi, mentre le altre arrivano al punto di cessare la produzione e di uscire dal mercato. La selezione competitiva è efficiente quanto la concorrenza perfetta, poiché il prezzo è fissato al livello del costo marginale e il benessere di consumatori e produttori è massimizzato.
Non tutti i mercati presentano però un numero elevato di imprese: i monopoli, per esempio, sono caratterizzati dalla presenza di un unico operatore economico. In tali mercati, il prodotto offerto dal monopolista è percepito come unico e differenziato da tutti gli altri, i consumatori, quindi, ritengono che il suo consumo sia il solo modo per soddisfare un bisogno specifico. Tale elemento conferisce al monopolista il potere di applicare qualunque prezzo perché in ogni caso la domanda dei consumatori verrà rivolta a lui non essendoci prodotti sostituti (o almeno percepiti come tali). Tale modello, a differenza della concorrenza perfetta e della selezione competitiva, non viene considerato efficiente poiché porta a prezzi maggiori e quantità offerte minori. Queste due circostanze portano ad una perdita di benessere da parte dei consumatori, di cui una parte sarà costretta ad uscire dal mercato poiché il prezzo è maggiore del valore che essi sono disposti a pagare per soddisfare tale bisogno e un’altra sarà comunque penalizzata dal fatto di dover pagare un prezzo maggiore.
Un modello che presenta elementi sia della concorrenza perfetta sia del monopolio è quello di concorrenza monopolistica. Esso presenta tutte le assunzioni del modello di concorrenza perfetta tranne quello di omogeneità del prodotto: infatti, ogni impresa produce un bene almeno leggermente differenziato da tutti gli altri e per questo motivo si comporta da price maker, cioè è in grado di fissare un prezzo più alto del costo marginale, elemento che rende questo modello non efficiente. In questo caso, inoltre, i profitti delle imprese nel breve periodo sono strettamente positivi ma nel lungo diventano uguali a zero con l’entrata di altre imprese (assunzione come in concorrenza perfetta di assenza di barriere all’entrata e all’uscita del mercato).
I mercati oligopolistici, invece, costituiscono un’area grigia fra concorrenza perfetta e monopolio e saranno trattati in modo più approfondito nel prossimo articolo in cui verranno trattati gli accordi collusivi che proprio nell’oligopolio trovano il loro terreno fertile.
Olivia Masi
Con amicizia letto da Arnaldo Mitola
Bibliografia
Motta M., Competition Policy. Theory and Practice, Cambridge University Press (2004).
Motta M. e Polo M., Antitrust. Economia e politica della concorrenza, Il Mulino (2005).